6 Apr 2024
LE STORIE CHE RACCONTANO LE NOSTRE PIETRE
Il linguaggio dei simboli
Nicoletta Maioli, architetto, Presidente della Sezione Toscana dell’Istituto Italiano dei Castelli ha, fra gli interessi a lei più cari, lo studio del linguaggio dei simboli, in un’attenta rielaborazione di numerose fonti[1]. “Le storie che raccontano le nostre pietre” le troviamo disseminate dai tempi più antichi in luoghi naturali, in ambienti realizzati dall’uomo, attraverso scavi, e la loro interpretazione crea la corretta lettura del luogo, dell’edificio, nel quale li abbiamo reperiti. Ma è certo la luce il “primo costruttore delle cose, della sfera del cosmo, che da un punto come un singolo atomo primigenio esplose per espandersi in ogni direzione”. E di questa suggestione fra l’altro la Maioli ci propone un simbolo sumerico che sembra precorrere gli ultimi studi astronomici: l’idea che da un punto, un singolo atomo primigenio esploda per espandersi in ogni direzione.
Gli antichi popoli, (e vi associamo anche epoche in cui la scrittura era ignota) trasmettevano i messaggi attraverso immagini di uomini o di animali che, collegate con il significato di altri elementi simbolici aiutavano a comprenderne la narrazione. Da qui si può dedurre che l’attività simbolo-genetica è connaturale all’uomo, anche in base all’aspirazione innata nell’essere umano a valicare il limite, sfociando nel simbolo quale forza di riscatto dall’incapacità del linguaggio ad esprimere l’infinito. Del resto un’idea, un concetto non corrispondente all’immediato aspetto sensibile si esprime attraverso il segno. E dunque, un elemento assunto come segno di riconoscimento, si riferisce a molteplici elementi cui è legato da un rapporto di referibilità.
Secondo gli psicologi nelle forme più arcaiche il simbolo si esprime come conoscenza-esperienza; dunque realtà e simbolo non sono distinti e hanno il più delle volte significato religioso. Infatti è soprattutto in senso religioso che le pietre ci raccontano la storia dell’umanità, poiché tutta la storia dell’umanità è impregnata di senso religioso. Non per questo escludendo forme di linguaggio simbolico legato all’arte, alla scienza, alla astrazione filosofica. Se anticamente un messaggio era più decifrabile anche per essere più direttamente legato alla natura, al nostro tempo è divenuto di pertinenza di una “élite”. E dunque l’affascinante viaggio al quale ci invita Nicoletta Maioli attraverso simboli e graffiti ci introduce “alla scoperta della Sapienza degli antichi fatta di spiritualità e di sensazioni allo stato puro che irrompe nel nostro mondo che non ha più niente di spirituale”.
Di questa arcaica spiritualità, di questa capacità panteistica e direi metafisica dell’uomo antico, che arriva a formulazioni spesso di rara attualità scientifica, la studiosa ci offre esempi molto suggestivi, passando poi ad analizzare sia la qualità del nostro approccio, spesso frettoloso e superficiale, poggiato sul dualismo bene-male, sia le chiavi di lettura, che lei analizza proponendo immagini di architettura medievale in cui la geometria diviene essa stessa simbolo.
E si sofferma soprattutto sulla geometria sacra, intendendo la capacità di creare le basi di una architettura armonica “che si esprime costituendo lo spartito musicale della musica divina. Era considerata “Divina Proporzione” dagli artisti e dai matematici del Rinascimento. Una delle forme di cui quest’armonia si avvale è la struttura architettonica delle chiese, nella circolarità dell’abside e della cupola, nella quadratura della pianta, nella triangolazione del frontone di facciata (simbolo della Trinità). Il triangolo è sempre equilatero, divenendo anche simbolo della divinità, dell’armonia e della proporzione. Ma è anche la disposizione e dosatura della luce, ancora una volta a divenire “segno visibile e simbolico della speranza cristiana, un segno che sa trasmettere ragioni di vita alle generazioni future”.
Continuando nella sua narrazione la studiosa ci spiega il significato di alcuni simboli, per esempio la luna che simboleggia il mutamento, la ciclicità, il ritmo del tempo che scandisce quello della vita. Secondo i celti (Triskele), la trinità femminile: la Vergine, la Madre e l’Anziana, impersonavano la rigenerazione della vita. Tutta la sapienza antica è legata al mito di morte e rinascita. Se la luna è bianca indica nascita e crescita, se è piena l’amore e la battaglia, se è calante la morte. E poi il ragno. In India la tela di ragno è segno dell’ordinamento cosmico e con la sua struttura a raggi simbolo dell’ordinamento divino. “Anche in medicina, la metafora del ragno che tesse la tela è stata utilizzata per simboleggiare la vita, nello specifico la complessità del corpo umano”. Secondo molti popoli antichi Egizi, Greci, Sumeri nel telaio si nasconde un simbolo: l’alternarsi della vita e della morte. E il Cristianesimo che ha rielaborato nei simboli la tradizione di culture precedenti ce ne offre molteplici esempi.
Continuando nell’analisi, l’uomo barbuto rappresenta la saggezza; l’albero cosmico della mitologia nordica degli antichi simboleggia il sostegno dei nove mondi. Ma simboleggia anche l’incrocio fra cielo terra inferi. Le interpretazioni dell’albero cosmico sono varie; tra le più interessanti, a mio avviso, l’identificazione dell’’albero della vita con il legno della Croce. Anche il frutto della mandorla e il seme in generale divengono simbolo di Vita e quindi un naturale attributo per Colui che è “Via, Verità e Vita”. Hanno anche un’altra valenza, quale simbolo della potenza creatrice femminile.
Molto interessante è il discorso simbolico derivante dalla natura a proposito dei cui segnali criptici Bernardo di Chiaravalle diceva: “troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocche ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà”. Del resto le forme geometriche che vediamo rappresentate negli edifici sacri sono molto spesso ispirate dalla natura. La stella polare è simbolo alchemico. La Melagrana è simbolo di fertilità, resurrezione, vita che si rinnova; i suoi semi sono simbolo di unione e molteplicità e disposti come la stella a cinque o più punte. La Rosa nell’antica festa dei primi cristiani a Roma (dall’oculo del Panteon venivano fatti calare, a Pentecoste, petali di rosa), rappresentava il sangue di Gesù Cristo versato per la redenzione dell’umanità, le lingue di fuoco erano il segno della Sapienza e dello Spirito che si riversava sui credenti e da allora è divenuto il simbolo per eccellenza della rinascita dell’umanità. E, nel periodo della sua fioritura, nel solstizio d’estate è simbolo della conoscenza.
La Rosa nella simbologia templare indica l’obiettivo finale del vivere, poiché simbolo del Graal, ed è composta da cinque petali indicanti i cinque punti della fraternità: comprendere, intercedere, assistere, amare e pregare. Ma se poi presso i templari si vuole indicare il fiore della vita, le punte sono quattro, e i 4 petali sono iscritti in una struttura quadrata e in un cerchio. Cioè il tipo di proporzione aurea, di perfezione formale che troviamo ad esempio nell’uomo vitruviano di Leonardo. Da sempre i fiori sono l’immagine della vita: simbolo del Paradiso Terrestre, emblema della rinascita del ciclo stagionale, simbolo di gioia e di lutto, di amore terreno e celeste e si trovano rappresentati ovunque nei templi dell’antichità a partire da quello di Osiride o sul Monte Sinai e sono presenti nelle decorazioni architettoniche fin dal VIII secolo.
Il Fiore della Vita o Rosa Celtica o anche Sole delle Alpi, è un fiore a sei petali collocato all’interno di un cerchio. Il fiore può anche essere rappresentato dalla Stella di Betlemme che simboleggia la stella cometa che segnò la nascita di Cristo. Indica il pianeta Venere ed esprime protezione, bellezza, armonia, ha poteri di guarigione e dà forza. Le stelle, a seconda della quantità di punte, esprimono diverse simbologie. Come si può dedurre discorso è molto lungo e complesso. Siamo circondati da simboli. Le chiese ne sono piene. Molti sigilli sono a forma di Croce, ne vediamo in molti Ordini religiosi e non, vediamo la Croce di Malta nota anche come croce di san Giovanni, che fu simbolo della Repubblica marinara di Amalfi almeno sin dall‘XI secolo, come confermano alcuni tarì amalfitani. La studiosa poi ci racconta del significato della Triplice Cinta (che in antico aveva anche significato di iniziazione). In essa convergono il mondo terrestre, quello celeste, gli astri, con al centro la presenza di Dio circondato da puri Spiriti. È un simbolo che troviamo in tantissime chiese, è incisa su una delle lastre marmoree che compongono il trono di Carlo Magno ad Aquisgrana, o nel Santuario di Santo Stefano a Bologna. Ma è un segno ricorrente anche presso le mansio gestite dai Templari. Indicavano ospitalità.
Presso i Templari la Triplice Cinta veniva utilizzata anche come gioco. Anche se la regola lo vietava nel tempo libero essi giocavano a filetto, a scacchi, a tris. I simboli intersecano il mondo degli angeli, sono presenti nei rosoni della chiese, anche perché è il rosone stesso un simbolo, quello della ruota della vita. E spesso nei rosoni compaiono i simboli dei Quattro Evangelisti, il leone, il toro, l’aquila e l’uomo che simboleggiano i quattro Vangeli canonici e che assumono vari significati: Il leone, la resurrezione di Cristo – in chiave alchemica il fuoco, la forza. Il toro, la passione di Cristo – in chiave alchemica il caos della Terra. L’uomo alato o angelo, l’incarnazione di Cristo – in chiave alchemica Acqua, femminile discendente. L’aquila la Pentecoste – in chiave alchemica forza dell’Aria. I simboli dei quattro evangelisti erano usati anche di frequente per le sepolture.
Si parla poi dell’uovo come simbolo di resurrezione e origine del cosmo. Ne deriva la tradizione delle uova pasquali. E poi le conchiglie, le mani, non si finirebbe mai. Siamo circondati da simboli, abbiamo creato simboli e simboli. Per la nostra esigenza di andare oltre il tangibile? Per una rassicurazione elitaria? Squarciare un mistero? Una ricerca di armonia universale? Per dimenticare la nostra finitezza e irrilevanza? Per una disposizione della mente all’intrigo e all’intrico? Per sentirci parte integrante del tutto, all’unisono?
Le motivazioni sono innumerevoli. E quelle da me segnalate forse in parte incompatibili. Qualunque cosa sia, lo studio dei simboli è affascinante; la complessità della nostra mente nella espressione dei segni trova un terreno fertile. La conferenza di Nicoletta Maioli, corredata da una grande quantità d’immagini simboliche ci porta in un mondo che è tutto intorno a noi e che spesso ignoriamo, o di cui non approfondiamo sufficientemente il significato e non conosciamo il valore. Di averli portati alla nostra attenzione e comprensione le siamo molto grati.
Gabriella Izzi Benedetti
[1] Tra i riferimenti bibliografici: R. Manetti, “San Miniato 1018-1207 al Monte Simboli e mistero di un’Architetture Sacra”, Firenze, 2018
M. G. Lopardi,”Geometria sacra, simboli, sincronicità, Roma, 2019