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Malasanità, va risarcito anche il danno da depressione per decorso post-operatorio complicato

Lo ha stabilito la Corte di cassazione. Sbaglia il giudice a personalizzare il risarcimento al 25%: va ristorato in via autonoma il disturbo dell’umore che trascende la sofferenza soggettiva diventando una lesione accertabile da un medico

Al paziente vittima di malasanità va liquidato anche il danno da depressione per il difficile decorso post-operatorio. Un conto è la sofferenza soggettiva, un altro la lesione all’integrità psicologica che può essere accertata da un medico: il disturbo di adattamento va quindi preso in considerazione per la liquidazione complessiva della lesione alla salute; sbaglia, dunque, il giudice del merito a liquidare la patologia da umore depresso dell’ammalato in percentuale rispetto al danno biologicoChiave interpretativa, a titolo di personalizzazione: avrebbe dovuto liquidarlo in via autonoma, disponendo se del caso una consulenza tecnica d’ufficio. È quanto emerge dall’ordinanza 10787/2024 pubblicata il 22 aprile 2024 dalla terza sezione civile della Cassazione. Accolto uno dei motivi del ricorso proposto dalla paziente che dopo l’intervento di artroscopia al menisco ha riportato lesioni al tendine della rotula e al nervo femorale: la Corte d’appello riduce il risarcimento del danno morale a carico dell’ospedale, convenuto in giudizio insieme al chirurgo e all’anestesista. Trova ingresso la censura secondo cui il danno psichico costituisce un’autonoma categoria del pregiudizio biologico: sbaglia dunque il giudice del merito a liquidarlo in base a una personalizzazione del 25 per cento sul danno alla salute. La sofferenza determinata da un evento come l’intervento chirurgico con serie complicanze smette di essere un danno morale e diventa un pregiudizio biologico quando trascende la sfera soggettiva per diventare una condizione psicologica di tipo patologico: nel caso specifico è diagnosticato l’«umore depresso di tipo cronico». Per gli Ermellini, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, ha ricordato che “Deve quindi essere complessiva la valutazione medico-legale da compiere sulle singole menomazioni che determinano un peggioramento globale della salute. E che devono essere liquidate in base alla tabella che ristora tutte le conseguenze prodotte dalle menomazioni sullo svolgimento delle attività comuni a ogni persona; la personalizzazione del risarcimento, invece, scatta soltanto di fronte a conseguenze anomale o del tutto peculiari, che spetta al danneggiato allegare e provare in modo tempestivo: le normali ripercussioni non giustificano alcun aumento del ristoro.”

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