21 Nov 2024
“Nel mio cuore come una ferita”, presentata oggi a Padova la mostra sul campo di concentramento di Chiesanuova e l’opera di padre Placido Cortese
Vernice sabato 23 novembre ore 15.00 in Sala Studio Teologico della Pontificia Basilica di Sant’Antonio. Esposizione visitabile nel Chiostro della Magnolia fino a mercoledì 16 gennaio 2025. Ingresso libero |
Nell’ambito delle celebrazioni per l’80° anniversario dell’uccisione del Venerabile padre Placido Cortese (1907-1944), è stata presentata stamane a Palazzo Moroni, sede del Comune di Padova, la mostra fotografico-documentaria “Nel mio cuore come una ferita” dedicata a una pagina di storia per lo più sconosciuta ai padovani: quella del Campo di concentramento di Chiesanuova, quartiere est del capoluogo euganeo (uno dei molti sparsi in tutta Italia), dove durante la Seconda guerra mondiale operò, tra gli altri, padre Cortese, frate della Basilica del Santo e all’epoca direttore del mensile «Messaggero di sant’Antonio». A raccontare l’allestimento e l’unicità dell’esposizione sono stati questa mattina Gianni Berno, consigliere comunale; il prof. Antonio Spinelli, curatore, con la dott.ssa Maria Grazia Tornisiello, della mostra; Leonardo Barattin, dell’Associazione Viaggiare i Balcani; padre Giorgio Laggioni, Vicepostulatore della causa di beatificazione di Padre Placido Cortese e frate della Provincia Italiana di S. Antonio di Padova; con la moderazione del prof. Pompeo Volpe. Promossa da Provincia Italiana di S. Antonio di Padova dei Frati Minori Conventuali, Comune di Padova (che ha dato anche il patrocinio all’iniziativa), Consulta di Quartiere 6A-Padova, Associazione Viaggiare i Balcani, Museo nazionale di storia contemporanea della Slovenia, Casrec – Centro di Ateneo per la storia della resistenza e dell’età contemporanea dell’Università di Padova (che ha dato il patrocinio), Veneranda Arca di S. Antonio e Diocesi di Padova, l’esposizione “Nel mio cuore come una ferita” sarà inaugurata sabato 23 novembre. Due i momenti: alle 15.00 in Sala Studio Teologico al Santo si terrà una conferenza aperta al pubblico, a seguire la vernice nel Chiostro della Magnolia della Basilica. La mostra sarà visitabile fino al 16 gennaio 2025 negli orari di apertura del santuario antoniano. L’intento del parterre dei promotori di “Nel mio cuore come una ferita” è di far emergere, con questa e altre iniziative che seguiranno, il doveroso tributo alla memoria di quanto accaduto nel campo di concentramento di Chiesanuova in quegli anni bui della nostra storia recente, nonché il giusto riconoscimento delle sofferenze di migliaia di internati, provenienti dalla ex Jugoslavia, nonché dell’opera di soccorso sostenuta in particolare da padre Placido Cortese per alleviare le condizioni di vita dei prigionieri all’interno del campo. La mostra è frutto delle accurate ricerche d’archivio condotte dal prof. Antonio Spinelli e dalla dott.ssa Maria Grazia Tornisiello in Italia e in Slovenia, ed è una prima restituzione al grande pubblico di documenti e testimonianze emersi da tali ricerche, in attesa che la notevole mole di materiali acquisiti trovi la sua sintesi in una pubblicazione che, salvo imprevisti, dovrebbe essere data alle stampe nel 2025. A tutto questo si aggiungono anche le interessanti ricerche svolte nell’Archivio militare di Belgrado dal prof. Milovan Pisarri, che confluiranno nella medesima pubblicazione. L’intuizione di allestire l’esposizione è nata nel febbraio 2022, quando il Consiglio comunale di Padova approvò all’unanimità una Mozione per la conservazione della memoria del campo di concentramento di Chiesanuova, nell’ambito degli interventi di urbanizzazione della vasta area che passerà dal demanio statale alla disponibilità della città e in particolare del quartiere di Chiesanuova. Un progetto che ha coinvolto, fin da allora, altre realtà della società civile ed ecclesiale padovana: l’Associazione di promozione sociale “Viaggiare i Balcani”, la comunità dei frati del Santo (Provincia Italiana di Sant’Antonio di Padova, Rettorato della Pontificia Basilica di Sant’Antonio di Padova, Vicepostulazione della causa di canonizzazione di Padre Placido Cortese), la Consulta di Quartiere 6A-Padova, il Comitato cittadino “Itinerario della Memoria Padova Ovest”, le Parrocchie e i consigli pastorali di Santa Maria Assunta in Chiesanuova e della Beata Vergine Maria del Perpetuo Suffragio alle Cave, che presentarono all’intero Consiglio comunale di Padova la proposta di conservare almeno una porzione della struttura esistente monumentalizzandola. Il campo di Chiesanuova, convertito dopo la guerra in caserma “Mario Romagnoli” (poi dismessa nel 2009), versa al presente in uno stato di completo abbandono ed è stato rimosso dalla memoria di larga parte dei cittadini. Nonostante svariate iniziative della comunità locale residente nel Quartiere 6 Padova Ovest, della sua attività si ritrovano semplici frammenti grazie ad alcune prime ricognizioni storiche e alla valorizzazione negli ultimi anni della figura di padre Placido Cortese operata in particolare dai frati della Basilica del Santo. La mostra “Nel mio cuore come una ferita” presentata oggi e altre successive iniziative correlate costituiscono, quindi, un valido contributo al recupero di una pagina di storia locale altrimenti destinata a un inopportuno oblio. L’auspicio dei promotori è quello di promuovere l’esposizione anche in altri contesti – edifici pubblici, istituti scolastici, ecc – per non dimenticare l’orrore di quanto accaduto. LA MOSTRA Nel mio cuore come una ferita Il campo di concentramento di Chiesanuova Dove: Pontificia Basilica di S. Antonio di Padova – Chiostro della Magnolia – P.zza del SantoQuando: sabato 23 novembre – mercoledì 16 gennaio 2025 Ingresso: libero e gratuito Orari: durante gli orari di apertura della basilica – per info https://www.santantonio.org/it/basilica/orariVernice: sabato 23 novembre ore 15.00 conferenza in Sala Studio Teologico al Santo, a seguire vernice nel Chiostro della MagnoliaCuratori: Antonio Spinelli e Maria Grazia TornisielloPromotori: Provincia Italiana di S. Antonio di Padova dei Frati Minori Conventuali; Comune di Padova (che ha dato il patrocinio); Consulta di Quartiere 6A-Padova; Associazione Viaggiare i Balcani; Museo nazionale di storia contemporanea della Slovenia; Casrec, Centro di Ateneo per la storia della resistenza e dell’età contemporanea – Unipd (che ha dato il patrocinio); Veneranda Arca di S. Antonio; Diocesi di PadovaPer richieste di allestimenti: Vicepostulazione della Provincia di S. Antonio dei Frati Minori Conventuali (vicepostulazione@ppfmc.it) oppure Consulta di Quartiere 6/A di Padova (consulta6a@comune.padova.it) NOTA STORICA Il campo di concentramento di Chiesanuova è stato parte di una rete di campi in cui vennero internati uomini, donne e bambini (solo uomini nel caso padovano) provenienti dalla Slovenia centro-meridionale e dall’entroterra fiumano occupati dal Regio Esercito italiano a seguito dell’attacco italo-tedesco al Regno di Jugoslavia, iniziato il 6 aprile 1941. Al fine di stroncare la Resistenza comunista clandestina, l’amministrazione civile e quella militare dell’Italia occupante furono responsabili di distruzioni, violenze e uccisioni nei confronti della popolazione locale, nonché di deportazioni dai luoghi di residenza verso i campi istituiti sia sulla costa adriatica orientale che sulla penisola italiana. Il campo di Chiesanuova operò tra l’agosto 1942 e il settembre 1943, accogliendo e vedendo passare migliaia di deportati, che venivano fatti scendere alla stazione di Campo di Marte e da lì, incatenati e a piedi, scortati a destinazione. Le condizioni di vita per i “prigionieri slavi” (in larga misura sloveni) all’interno del campo erano critiche. In un rapporto sanitario del gennaio 1943 si racconta di internati che, «a causa del completo esaurimento non possono più reggersi in piedi», che «mostrano segni evidenti di affaticamento» o che «presentano segni latenti o totali [per coloro che provengono dal campo di Arbe, in Dalmazia] di affamamento». Si parla di «insufficienza qualitativa e quantitativa della razione del campo», di «inverno rigoroso [e] stanze […] fredde e umide» che peggiorano nettamente le loro condizioni. Si conteranno alla fine quasi 70 morti, a causa della fame e delle malattie. In questo contesto si colloca l’opera di padre Placido Cortese, frate della Basilica del Santo di Padova e all’epoca direttore del «Messaggero di Sant’Antonio» che, a proprio rischio e pericolo, si adoperò con ogni mezzo per lenire le sofferenze degli internati, introducendo nel campo cibo, vestiario, medicinali, nonché messaggi che giungevano dalle famiglie slovene per vie traverse. Per le sue opere – che riguardavano anche l’aiuto prestato a ebrei, perseguitati politici e prigionieri alleati dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 – e per la tortura e la morte affrontate con eccezionale coraggio nel Comando della Gestapo di Trieste, padre Cortese è stato insignito dal Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella della “Medaglia d’Oro al merito civile alla memoria” nel 2018 ed è stato dichiarato Venerabile da Papa Francesco in ragione delle sue “virtù eroiche” nel 2021. |