15 Mar 2025
Verità e denuncia di Leonardo Sciascia: il regista Fabrizio Catalano prosegue l’opera del nonno
Mimma Cucinotta *
Una incursione nel mondo esplorativo e di denuncia di Sciascia. L’indagine anche se in una mutazione di genere è ancora in corso nella versione artistica in Italia e all’estero. La scomparsa di Majorana a Teatro e Todo Modo per la regia di Fabrizio Catalano brillante autore cinematografico, di saggi spazi di opinione. Una delle poche, autentiche voci scomode rimaste. Un sopravvissuto. Un irregolare. Sul filo della intelligibilità densa e netta di Leonardo Sciascia. Che di Fabrizio Catalano fu il nonno.

In un processo esplorativo nella storia della civiltà, la tessitura di costruzioni sociali e storiche sviluppa una trama che intreccia teorie del potere ad analisi trascinanti nel captare particolari minimi e grandi della realtà. Presentato nei suoi tratti fondamentali l’esame ridefinisce il “ritratto” contro costruzioni di verità surrogate intorno a dinamiche spesso accolte come certe, capaci di porre in essere un oscuramento della consapevolezza. Meccanismo tendente all’annullamento della ragione che diviene ostaggio della rappresentazione scenica di grande suggestione. Rappresentazione che azzera il dubbio.
Interrogarsi sulle pratiche di costruzione della verità restituisce valore al dubbio elemento fondante di ricerca infinita della verità. Verità come esperienza di indagine.
Si pone chiaramente un approccio epistemologico alla questione. Tra formulazione affermazione e analisi della realtà da un lato e, dall’altro una fenomelogia del mistero o appunto del dubbio legata al processo antropologico del concetto di verità. Ovvero un processo che guarda alla verità all’interno di una indagine conoscitiva di superamento del pensare monolitico e pacificatore, esaltando le differenze in una logica dialettica. Da cui il mondo delle emozioni, delle relazioni, della mente intesa non solo come ragione e, il mondo spirituale dell’uomo interagiscono dall’alto ad una verità generale.
Diversamente da certa “conoscenza scientifica” che si afferma universale, pretendendo essere riconosciuta tale, citando Raimon Panikkar Alemany (Barcellona, 2 novembre 1918 – Tavertet, 26 agosto 2010), filosofo, teologo, presbitero e scrittore spagnolo, di cultura indiana e spagnola: Noi “stiamo sopra”, a un livello sovrastante la realtà, secondo cui diversi orientamenti di pensiero possono accedere a distinte fonti intelligibili e concorrere alla comprensione della verità. Sosteneva così Panikkar, mistico e teorico del pluralismo della verità.
La filosofia di un metodo per giungere alla verità da confluenze di studi epistemologici. Un campo che ha suscitato fascinazione tra filosofi, letterati, poeti, scrittori di tutte le epoche anche se non per tutti è emerso quel modo di percepire alcuni aspetti dell’esistere e del morire per i quali fantasia, intuizione si traducono in immagini e vicende.
Il cerchio della vita nel senso tragico della morte. All’interno del concetto di anthrôpos l’indagine filosofica dell’esistenza in un intreccio tra dubbio e verità. Il nastro si riavvolge intorno al processo esplorativo e primordiale delle civiltà. Indagine che non sottrae spazio alla denuncia negli attraversamenti di ogni epoca, secondo codici filosofico-sociologici, letterari o razionali.
Analisi coincidenti si trovano negli attraversamenti filosofici di Pierfranco Bruni, l’antropologo dallo sguardo epistemologico graffiante nei confronti della società, lungo una prospettiva di denuncia della verità sul piano esistenziale e metafisico.
“Chi ha giuste intuizioni in mezzo a cervelli confusi si trova come uno che abbia un orologio che funziona in una città dove tutti i campanili hanno orologi che vanno male. Lui solo conosce l’ora esatta, ma a che gli giova? Tutti si regolano secondo gli orologi della città che indicano l’ora sbagliata, persino chi è al corrente che solo il suo orologio segna l’ora giusta.” Arthur Schopenhauer (1788 – 1860)
Nella nostra contemporaneità tra i massimi interpreti dei processi antropo-sociologici che coniugando letteratura e ragione ha analizzato profondamente la società del Novecento, con chirurgico preveggente spirito critico è senz’altro Leonardo Sciascia (Racalmuto, 8 gennaio 1921 –Palermo, 20 novembre 1989) scrittore, giornalista, saggista, drammaturgo, poeta, politico e critico d’arte italiano. Per il quale la rappresentazione della verità legata inscindilbilmente al senso del dubbio e quindi del mistero, afferma il potere della ragione e della bellezza, in ragione del proprio temperamento schietto e avulso da ogni meccanismo sociale mascherato e contradditorio. Male avverso alla società sfidato da Sciascia con rara capacità esplorativa dove l’intuizione, nel superamento del realismo critico si fonda al senso innato di giustezza proprio dello scrittore siciliano di Racalmuto.
Il contrasto di Leonardo Sciascia, alla “proiezione scenica” di azzeramento del dubbio, fu di rilevante costanza e coerenza. Nel 1988, un anno prima di morire, dichiarò: “Io ho dovuto fare i conti da trent’anni a questa parte, prima con coloro che non credevano o non volevano credere all’esistenza della mafia e ora con coloro che non vedono altro che mafia. Di volta in volta sono stato accusato di diffamare la Sicilia o di difenderla troppo; i fisici mi hanno accusato di vilipendere la scienza… Non sono infallibile; ma credo di aver detto qualche inoppugnabile verità. Ho sessantasette anni, ho da rimproverarmi e da rimpiangere tante cose; ma nessuna che abbia a che fare con la malafede, la vanità e gli interessi particolari. Non ho, lo riconosco, il dono dell’opportunità e della prudenza. Ma si è come si è.”
Dunque, quello di Sciascia, un viaggio verso la verità. Per la verità. Uno scavo nel dubbio e nel mistero anche sfidando la scienza. Al centro il tragico. “La scomparsa di Majorana”, il dramma interiore dello scienziato svanito nel nulla nel 1938 a pochi mesi dallo scoppio della seconda Guerra Mondiale. Una scomparsa finora irrisolta all’interno di un conflitto psicologico vissuto da Ettore Majorana, fisico siciliano facente parte della equipe scientifica che scoprì l’arma più micidiale al mondo. La bomba atomica. Alla sparizione di Majorana, tradotta da molti in suicidio, Leonardo Sciascia dedica una delle opere documentate più illuminanti della propria produzione letteraria e di inchiesta.
L’indagine, anche se in una mutazione di genere, è ancora in corso nella versione artistica di recente in tournée per i teatri d’Italia. Sta andando in scena fortemente ispirato al senso della vicenda di Majorana indagato da Sciascia, uno spettacolo teatrale secondo i principi di Sciascia: non c’è futuro per l’umanità senza l’etica, senza la sincerità, senza la poesia.
La scomparsa di Majorana a Teatro, per la regia di Fabrizio Catalano brillante autore di saggi e spazi di opinione sull’onda della intelligibilità densa netta e carismatica di Leonardo Sciascia. Che di Fabrizio Catalano fu il nonno. Fabrizio, che ha ormai alle spalle una trentennale e poliedrica carriera tra regie teatrali e cinematografiche, studioso del medievista francese analista del senso del tragico, Philippe Ariès (1914 – 1984), con incursioni nella letteratura, nella saggistica e nella traduzione dal francese di opere di Georges Rodenbach, Émile Verhaeren, Auguste de Villers de l’Isle-Adam. Per la divulgazione della letteratura simbolista ha tradotto per la prima volta in italiano La canzone di Eva, opera classica mistica e sensoriale scritta nel 1904da Charles Van Lerberghes e musicata da Gabriel Fauré. Todo modo, tra le opere drammaturgiche di denuncia più espressive portate in scena da Catalano,interpretata da nove attori, l’irrefrenabile psicosi del potere, spietata manifestazione degenerativa della società. Uno spettacolo imponente compiutanemente in linea alle premonizioni diremmo divinatorie di Sciascia nel suo romanzo giallo sullo sfondo delle controverse dinamiche socio-politiche e finanziarie che attraversarono l’Italia degli anni di piombo. Todo Modo edito da Einaudi nel 1974.
Ed ancora, una docufiction, “Irregular” sulle derive della società contemporanea girata in Bolivia. Un paese dal “realismo magico e dimensione spirituale dell’esistenza negli accadimenti quotidiani… in Bolivia Fabrizio Catalano ha trovato una dimensione umana possibile …”. Così in un saggio densamente articolato uscito il 29 febbraio 2022 su Buttanissima Sicilia giornale irriverente, la giornalista Maria Pia Farinella nel delineare in punta di penna la figura del regista Catalano e il rapporto con un nonno “cosi speciale e così normale” che fu Leonardo Sciascia. La pellicola rientra tra i lavori fortemente critici diretti da Fabrizio Catalano, una delle poche, autentiche voci scomode rimaste in Italia e in Europa. Un sopravvissuto. Appunto, un irregolare. Oggi più che mai non ci può essere scienza senza coscienza. A ottantasette anni dalla sparizione di Ettore Majorana, fisico siciliano partito in nave da Palermo nel 1938 ma apparentemente mai giunto a Napoli, l’inchiesta di Leonardo Sciascia nel libro “La scomparsa di Majorana” resta la tesi piu convincente .
Leonardo Sciascia: “Un’idea morta produce più fanatismo di un’idea viva.”
Chiediamo a Fabrizio Catalano, regista dello spettacolo teatrale La scomparsa di Majorana tratto dall’omonimo romanzo di Sciascia, in che modo dubbio mistero e verità riportano sulla scena il principio sociale oltre che culturale della questione?
FC. Per una serie di fattori, che vanno dalla paura di perdere il lavoro all’ansia di conservare piccole posizioni privilegiate, dal servilismo alla mancanza di contatto con la realtà, che è peraltro uno dei tratti caratteristici della società contemporanea, il teatro italiano sembra aver perso qualunque capacità di parlare di libertà e di giustizia, e di denunciare le pericolose contraddizioni del mondo in cui viviamo. Nessuno o quasi sembra voler correre il rischio di trattare argomenti che potrebbero risultare indigesti al Potere – ammesso che in Italia ve ne sia davvero uno – o semplicemente che squarcino il velo dell’omologazione e della passività. In questo quadro, da diversi anni, a noi – pronome che non uso a caso, dato che la compagnia è realmente una squadra coesa – è parso opportuno provare a raccontare il dramma umano di Ettore Majorana. Il tormento struggente di un individuo che vorrebbe salvare il pianeta dalla catastrofe. E lo abbiamo fatto all’interno di genere – il giallo – in uno spettacolo che è al contempo un susseguirsi di emozioni e un monito per l’avvenire. La tesi di Sciascia, che noi abbiamo sposato, è che questo giovane e promettente fisico siciliano, chiuso in se stesso e concentrato su studi di cui non parlava con nessuno, avesse intuito prima d’ogni altro la strada per la creazione di una devastante arma nucleare; e ne fosse rimasto atterrito, e avesse voluto dileguarsi prima che il pianeta precipitasse nel baratro dell’era atomica. Era atomica che adesso incombe su di noi. Abbiamo iniziato a rappresentare questo spettacolo nel marzo 2019: allora il pericolo nucleare e la scienza senza etica sembravano relativamente lontani; dal 2020, invece, sono diventati doloroso pane quotidiano.
In scena quattro personaggi si fondono in un’azione da brivido in una interminabile notte. Quali i passaggi chiave dello spettacolo?
FC. Questo spettacolo è un’indagine poliziesca, un thriller ad orologeria, in cui una recitazione naturalistica si fonde in un’atmosfera vagamente onirica, tutto ambientato in una notte d’agosto del 1945, in una località italiana che non viene mai definita, ancora dominata dal caos e dalle rappresaglie. I personaggi, in ordine di apparizione, sono quattro: una donna (Giada Colonna) che, dopo aver ucciso da partigiana, è tornata a indossare il camice bianco: per medicare, per guarire. Un uomo (Alessio Caruso), avvolto in una tunica da certosino, che rifiuta di rivelare la propria identità. Un commissario di. pubblica sicurezza (Roberto Negri) che crede di riconoscere, nei tratti del monaco, quelli di Ettore Majorana, al quale invano ha dato la caccia per tanto tempo. Laura Fermi (Loredana Cannata), la moglie di un illustre premio Nobel con qualche conto in sospeso con l’etica, chiamata a identificare il giovane scienziato sparito nel nulla.
Per sapere cosa produrrà l’incontro fra questi quattro personaggi, bisognerà cercare lo spettacolo in giro per l’Italia (o anche altrove, visto che lo abbiamo rappresentato pure in Canada, in Serbia e in Polonia). Come da tradizione, meglio non svelare snodi narrativi e finale. Del resto, a volte, più che la ricostruzione di eventi e dettagli, conta il senso delle cose. E il senso della vicenda di Majorana è che non c’è futuro per l’umanità senza l’etica, senza la sincerità, senza la poesia.
*direttore responsabile Paeseitaliapress.it